Nel caso Torri e Bucciarelli e altri c. Italia la Corte europea dei diritti dell’Uomo si pronuncia sulla perdita di benefici contributivi da parte dei lavoratori della AGENSUD

Strasburgo, 18 aprile 2012 – Con decisione del 24 gennaio 2012, la C.E.D.U. ha deciso nel caso Torri e Bucciarelli e altri c. Italia dichiarando l’irricevibilità delle violazioni dei diritti garantiti dall’articolo 1 del Protocollo n. 1 e degli articoli 6 e 14 della Convenzione, quest’ultimo combinato con l’articolo 1 del Protocollo n. 1, lamentate dai ricorrenti.

Questi ultimi, dipendenti della AGENSUD, alla data del 12 ottobre 1993 avevano maturato un certo periodo di servizio e provveduto a versare all’INPS contributi, maturando così, per la normativa allora vigente, la pensione di anzianità una volta raggiunta l’età pensionabile.

Con legge n. 488/1992 la AGENSUD fu soppressa e il rapporto di lavoro dei ricorrenti non fu trasferito allo Stato, come inizialmente previsto. Conseguentemente i ricorrenti videro cessare il loro rapporto di lavoro e acquisirono il diritto al TFR. A quel punto i ricorrenti ebbero la possibilità di transitare nei ruoli di altre amministrazioni pubbliche, cosa che fecero. I ricorrenti accettarono quindi una retribuzione inferiore con tutte le implicazioni inerenti al regime pensionistico e alla copertura previdenziale.

I ricorrenti optarono quindi che i loro contributi precedentemente versati dall’AGENDSUD all’INPS fossero ricongiunti con quelli che sarebbero stati versati successivamente dal nuovo datore di lavoro all’INPDAP.

Nel corso di tale operazione tuttavia, una parte dei contributi versati all’INDPAP non sarebbe stata utilizzata per il computo della pensione dei ricorrenti. Conseguentemente questi ultimi non avrebbero beneficiato della totalità dei contributi. Le loro pensioni sarebbero state inferiori e buona parte dei contributi nel frattempo versati sarebbero andati persi.

Nel frattempo il legislatore previde una deroga per tutti i dipendenti pubblici che avevano lasciato il lavoro dopo il 13 ottobre 1993 e fino all’entrata in vigore dell’articolo 14bis della legge 96/1993 con la possibilità di ottenere la restituzione dei contributi versati che non fossero stati computati al fine del ricongiungimento dei periodi di previdenza sociale.

I ricorrenti tuttavia non rientrarono in tale categoria.

I ricorrenti promossero una serie di cause per ottenere la restituzione dei contributi versati all’INPS e non utilizzabili ai fini pensionistici. I giudici interni tuttavia respinsero le richieste dei ricorrenti, anche in seguito ad un mutamento giurisprudenziale.

Il caso è interessante perché la C.E.D.U. ha offerto un quadro giusprudenziale articolato relativamente alla questione se una pensione può costituire un “bene” ai sensi del trattato convenzionale.

La C.E.D.U. è passata poi ad esaminare il caso di specie, valutando la legittimità e la proporzionalità dell’ingerenza e non riconoscendo alcuna violazione. Conseguentemente ha dichiarato l’irricevibilità del ricorso sotto il profilo dell’articolo 1 del Protocollo n. 1.

Quanto all’articolo 6 della Convenzione, la C.E.D.U. ha ritenuto che i ricorrenti avessero erroneamente interpretato il mutamento di orientamento giurisprudenziale dei giudici nazionali.

Infine, riguardo all’articolo 14 della Convenzione, invocato in combinazione con l’articolo 1 del Protocollo n. 1, la C.E.D.U. ha ritenuto di non dover determinare se tale norma potesse essere applicata al caso di specie, dato che la violazione sotto il profilo dell’articolo 1 del Protocollo n.1 è stata dichiarata irricevibile.

Qui di seguito troverete il link verso la decisione Torri e Bucciarelli e altri c. Italia del 24 gennaio 2012 in versione originale inglese e in italiano. La traduzione in italiano è a cura del Ministero della Giustizia, Direzione generale del contenzioso e dei diritti umani, eseguita da Daniela Riga, funzionario linguistico.

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